Giornata europea del numero unico per le emergenze
1-1-2 Day
Cosa significa lavorare in una centrale operativa NUE 112? Numerose le risposte degli operatori tecnici delle CUR italiane che con le parole hanno espresso il loro senso di appartenenza a una squadra e le motivazioni per le quali hanno deciso di intraprendere questo tipo di lavoro. Le loro testimonianze sono state raccolte in una sezione del sito SIEMS per dare valore al loro impegno e spirito di dedizione e per condividere le diverse esperienze territoriali.
Le testimonianze degli operatori
Che cosa significa per me lavorare
in una centrale operativa NUE 112?
CUR NUE 112 BRESCIA
Che cosa significa per me lavorare in una centrale operativa NUE 112?
Penso che l’aspetto più importante del mio lavoro in CUR sia “lavorare per la popolazione“. La motivazione più forte che da quasi ormai 8 anni mi porta ad andare al lavoro, fiero di quello che dovrò fare, è proprio questo, cioè l’essere il “primo aiuto” che viene dato all’utente. Il NUE 112 è attivo su quasi tutto il territorio italiano, questo significa essere di fondamentale supporto e soccorso a tutta la popolazione che chiede aiuto.
Mihail Cristian Hurmuz, CUR NUE 112 Brescia
CUR NUE 112 FIRENZE
Che cosa significa per me lavorare in una centrale operativa NUE 112?
Mi dà la possibilità di aiutare concretamente le persone in situazioni per loro di difficoltà, mi fa sentire utile.
Mi fa sentire importante, perché parte di una macchina, quella della emergenza che richiede impegno, serietà, dedizione e collaborazione anche con centrali operative.
Mi fa sentire integrato all’interno di un gruppo di lavoro che ci vede complementari e alleati pronti ad aiutarsi e sostenersi nei momenti anche più complicati.
Mi fa sentire stimolato nel migliorarmi costantemente sulle tecniche e le performance lavorative per cercare di essere sempre più preciso, rapido e bravo nell’aiutare il prossimo.
Daniel, CUR NUE Toscana
CUR NUE 112 MILANO
Mi chiamo Andrea, sono un giovane operatore del Numero Unico di Emergenza di Milano. Il mio arrivo in questa centrale non è stato dei migliori, i primi giorni sono stati interminabili e molto faticosi, le intenzioni erano quelle di scappare ogni giorno, ma sentivo su di me un forte senso di responsabilità e un’inaspettata voglia di fare bene. Difficile spiegare in 20 righe cosa si prova nel gestire una chiamata di emergenza, forse troppo poco per descrivere il mio stato d’animo. Spesso ho pianto, non mi vergogno a dirlo e ignaro di ciò che sarebbe potuto succedere nei giorni a seguire ho capito però che le stesse lacrime sarebbero dovute servire a fortificare il mio carattere e smussare le mie fragilità. Tutte le volte che suona il telefono non sappiamo esattamente cosa ci aspetta e anche una giornata apparentemente tranquilla nasconde l’eventualità di accettare una chiamata che non solo potrebbe cambiare la tua giornata, ma la tua vita. L’emozione che si prova è indescrivibile, è un lavoro che non tutti possono fare, non è facile aiutare persone che molto spesso giudicano senza saper chi siamo e cosa facciamo.
Mi accorgo ogni giorno sempre di più di essere cresciuto e di essere cambiato, e l’umiltà di non considerarsi arrivato probabilmente mi porterà a cambiare ancora poiché le cose da imparare sono ancora tante. L’errore è dietro l’angolo, e il rischio di sbagliare purtroppo è una realtà difficile da accettare. Rimanere concentrati e lucidi seppur difficile è una necessità. Bisogna essere consapevoli che in quel momento è come se la vita di qualcun’altro fosse nelle tue mani. Ogni volta è come se fosse la prima volta, mi piace pensare di aiutare le persone esattamente come quando rispondo alla richiesta di un amico che ha bisogno di me. Non so se e per quanto tempo rimarrò qui ma so che il NUE avrà guadagnato un posto fisso nel mio cuore.
Andrea Cirillo, CUR NUE 112 Milano
CUR NUE 112 SALUZZO
Mi chiamo Marco, ho 49 anni e ho avuto la fortuna di vivere in prima persona l’avvio del NUE 1.1.2. nella Regione Piemonte, fin da subito ho sentito chiaramente l’importanza di quello che sarebbe stato il mio ruolo all’interno della catena dell’emergenza, non nascondo che pur essendo un ex Autista Soccorritore, questa nuova avventura mi intimoriva un po’, da quel momento il mio ruolo sarebbe stato completamente diverso, non sarei più stato il Soccorritore che accorreva per occuparsi di un infortunato, ma il primo contatto per una persona bisognosa di aiuto, magari nel panico o incapace di spiegarmi dove si trovava, la domanda che mi rimbombava in testa era una sola, sarei stato capace di ricoprire un ruolo così tanto importante quanto delicato?
Oggi, dopo sei anni e un numero non ben definito di chiamate gestite, non ho smesso di sentire l’importanza del mio ruolo, quando lavoro come operatore, so di dover fare le domande giuste, di saper ascoltare e non semplicemente sentire, quando lavoro come Capoturno devo saper essere di aiuto agli operatori in sala e alle Centrali di secondo livello, infine, quando formo i futuri Operatori, cerco di trasmettere loro tutte le nozioni necessarie per svolgere al meglio la propria mansione cercando anche di trasmettere loro quello che da sempre sono convinto che faccia la differenza in un ruolo cosi delicato… LA PASSIONE.
Marco, CUR NUE 112 Saluzzo
CUR NUE 112 SASSARI
È quando ti accorgi che il loro bisogno diventa il tuo bisogno. È in quel momento in cui la tua voce diventa il tramite della loro emergenza e in cui ti rendi conto che la tua prontezza potrebbe essere la loro salvezza. Ci sono quei momenti in cui pensi di essere solo una voce e che la tua voce non ha e non avrà un volto e non sarai tu a salvare quelle persone che ti chiamano bisognose di aiuto. Avrai momenti di sconforto quando ti renderai conto che il tuo compito finisce nel momento esatto in cui passerai la loro richiesta a chi poi in definitiva li aiuterà veramente. E non saprai cosa sta succedendo, cosa e successo e cosa succederà. E non saprai come andrà a finire. Ma forse è proprio questo che ti solleverà e ti darà la forza di andare avanti. Ma poi ti renderai conto di quanto sia importante il tuo lavoro.
Dovrai riuscire a gestire quel turbinio di emozioni di altre persone, dovrai riuscire in pochi secondi a dare lo start a tutta la macchina dei soccorsi. Se sbagli tu sbagliano anche loro. Sei tu la prima persona a cui chi ha bisogno affida la sua vita. È in te che ripone incondizionata fiducia. Ed è quella tua voce senza volto che sarà la loro ancora di salvezza. È qui che ti accorgi che sei e sarai un operatrice 112 non solo quando sei a lavoro ma in tutta la tua giornata. Diventerà la tua nuova condizione di vita. E sarà bellissimo.
Antonina Bolla, CUR NUE Sassari
CUR NUE 112 TRENTO
Siamo il primo contatto con il cittadino, la prima voce sicura che l’utente sente quando è in difficoltà. Siamo il primo e piccolo pezzo della catena dei soccorsi e siamo un gruppo che lavora per un fine comune: dare una risposta all’utente nel minor tempo possibile e al meglio delle nostre possibilità. Abbiamo bisogno di poche informazioni, ma precise: ogni chiamata è una piccola sfida, è un migliorarsi e migliorare le proprie competenze relazionali e comunicative, è crescere personalmente e conoscere sempre di più il territorio. Oltre alla strumentazione informatica e alla cartografia, abbiamo a disposizione un grande e potente strumento: la nostra voce. Lavorare al NUE è quindi prendere metaforicamente per mano chi ci chiama, è raccogliere e portare con sé una piccola parte di vita di ogni utente.
Lavorare al NUE significa avere la possibilità di accrescere le proprie conoscenze informatiche e tecniche, significa avere la possibilità di informare e formare divulgando quello che è il corretto funzionamento del sistema, significa crescere e far crescere.
Siamo una grande famiglia che si supporta (e sopporta), si sostiene e si aiuta nei momenti di difficoltà ed è un lavoro proprio bello perché, oltre che coi colleghi, si collabora con gli operatori delle Centrali di Secondo Livello con cui, in alcuni casi, è nato anche un rapporto di amicizia che va oltre il livello professionale.
Caterina e Giulia, CUR NUE TRENTO
CUR NUE 112 VARESE
Che domanda curiosa, dubito molti se ne siano mai preoccupati, veniamo al lavoro, passiamo 8 ore insieme, a volte con chi ci piace a volte no e poi si ritorna a casa, dalla famiglia, dagli amici, dalle solite preoccupazioni.
Alla fine è, appunto, solo un lavoro, si fa per “portare a casa la pagnotta no?” Sotto sotto credo di no, perlomeno per me e perlomeno non solo; 8 ore passare a frugare in attimi di vita di sconosciuti, attimi pericolosi, agitati, a volte furiosi e spesso scortesi – capita anche questo – ma comunque attimi altrui.
Siamo nascosti da un computer e incastrati in procedure, riuscire a centellinare un po’ di te stesso in ogni chiamata, è complicato, ma riuscire a strappare un grazie, o capire di aver contribuito a salvare qualcuno, sono fantastici motivi per continuare a voler rispondere.
Alice Antoniotti, CUR NUE 112 Varese
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